30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Jacobelli
Con Lino Musella e Marco Vidino (cordofoni e percussioni)
Disegno luci Hossein Taheri
Produzione Elledieffe
Durata 55 minuti
(Sabato) 21:00
Chiostro Sant'Agostino
Via Giacomo Matteotti, 18 - San Ginesio
30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Jacobelli Con Lino Musella e Marco Vidino (cordofoni
30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Jacobelli
Con Lino Musella e Marco Vidino (cordofoni e percussioni)
Disegno luci Hossein Taheri
Produzione Elledieffe
Durata 55 minuti
Dapprima è la musica di Marco Vidino, ai cordofoni e alle percussioni, ad accogliere gli spettatori de L’ammore nun’è ammore, creando per il pubblico atmosfere malinconiche e struggenti e avvolgendo così la scena, adorna di mobili affastellati sul fondo, fiori poggiati su una scala/pedana centrale, un tavolino da trucco con specchio e parrucca bianca di lato.
Pochi suggestivi istanti che introducono alla singolare “recita dei sentimenti” immaginata e proposta da Lino Musella protagonista di un originale percorso poetico nella forza degli immortali versi di Shakespeare, qui “traditi” in napoletano dall’artista Dario Jacobelli, scomparso prematuramente nel 2013.
«Dario Jacobelli è stato un protagonista della scena culturale della città dalla fine degli anni ’70 – così ne introduce il ricordo Lino Musella – ed è autore di canzoni per 99 Posse, Bisca, Peppe Barra, Daniele Sepe, oltre che di numerose sceneggiature cinematografiche. Era un poeta inusuale, che, negli ultimi anni della sua vita, si è dedicato alla traduzione in lingua napoletana o al “tradimento”, come amava definirlo lui stesso, di 30 Sonetti di Shakespeare. I sonetti sono, per loro natura, battute senza personaggio e, nella traduzione di Jacobelli, quelli del grande drammaturgo ritrovano teatralità. Il suo napoletano attinge da una parte a una lingua teatrale e letteraria, dall’altra a
contaminazioni contemporanee che vanno dallo slang al linguaggio di strada. I Sonetti in napoletano suonano bene. Battono di un proprio cuore. Indossano una maschera che li costringe a sollevarsi dal foglio per prendere il volo, tenendo i piedi per terra».
Lino Musella